Carmelacromìa!

I colori di Osteria da Carmela posseggono un richiamo sacro(santo) ai colori della Madonna del Carmelo, detta Madonna Bruna, con un significato preciso:
Arancio solare aureole dorate e il fondo dell'icona = santità e sacralità
Pompeiano colore rosso della tunica sotto il manto = amore
Tufo scuro tunica color pelle di pecora del bambino e pelle della Madonna = agnello di Dio, fratellanza
Verdemare manto della Madonna = fertilità
Ogni colore è un’ispirazione, una storia, una tendenza e persino, scavando nella storia di Napoli, un’origine di un piatto e accompagnerà sempre le nostre (e le vostre) parole.
E con queste cromatiche premesse, ecco a voi...


La parmigiana: un’origine misteriosa, ma certamente non emiliana

La parmigiana: un'origine misteriosa, ma certamente non emiliana

Tra i piatti più apprezzati dai nostri avventori capeggia indiscussa la Parmigiana. C’è chi la considera un antipasto o un contorno, chi un piatto unico per le sue eccessive calorie: comunque è difficile trovare chi disprezzi questa meravigliosa leccornia, composta da diverse stratificazioni di melanzane finemente tagliate in orizzontale, fritte nell’olio bollente ed assemblate a regola d’arte con sugo, mozzarella (o provola) e tantissimo Parmigiano Reggiano.

Per i napoletani veraci come noi è difficile persino immaginarci una domenica senza Parmigiana, iperbolicamente parlando. Diciamo che questa pietanza è considerata una delle colonne portanti della nostra cucina. Eppure – ahinoi – non siamo in grado di affermare con certezza quale sia la sua origine, e vi spieghiamo il perché.

Sembra che il nome della Parmigiana, regina indiscussa delle chilocalorie, discenda etimologicamente dal dialetto siciliano. A derimere la questione è stata chiamata in causa persino l’Accademia della Crusca e Fabio Ruggiano autorevole linguista. E proprio in “Peccati di Lingua. Le 100 parole italiane del gusto”  che Fabio Ruggiano ha scavato a fondo la questione ed è andato a rintracciare le prime tracce di questo termine nel primo vocabolario siculo-italiano dell’Ottocento, scoprendo il termine “parmiciana“.

Per parmiciana si intendeva propriamente l’imposta di legno delle finestre, una persiana “fatta di stecche di legno posizionate come pioli di una scala, una sopra l’altra”.

Dunque secondo l’autorevole linguista la ricetta prende nome dal tipo di stratificazione assunta dalle melanzane, simile metaforicamente parlando a quella delle persiane che, una volta chiuse, compattano una sopra l’altra i listelli di legno di cui sono composte.

Sconvolgente! Per cui la Parmigiana non prende il nome dalla quantità di Parmigiano che travolge e amalgama con gusto le diverse stratificazioni di melanzane, con buona pace degli emiliani. E a noi poveri napoletani cosa resta?

Non tutto è perduto, amici miei. Se la melanzana arriva in Italia solo tra il 1400 e il 1500 ad opera degli arabi, e la sua diffusione per lo stivale si avrà dal ‘700 in poi, sappiamo che la prima testimonianza scritta della ricetta della Parmigiana è rintracciabile proprio nel famoso libro di ricette de “Il Cuoco Galante”, scritto intorno al 1733 e in cui il cuoco pugliese Vincenzo Corrado ci racconta di come realizza la sua parmigiana… di zucchine! Ma per la ricetta ufficiale dobbiamo aspettare il nostro solito Ippolito Cavalcanti nel 1837 nella sua opera “Cucina teorico pratica” che ci viene in aiuto, come Maradona al 90esimo e ci fa tirare su un respiro di sollievo. È proprio lui che ci spiega come realizzare la Parmigiana come la conosciamo noi oggi con tanto di melanzane fritte (e per i salutisti-non puristi nella variante al vapore), pomodoro, formaggio e basilico.

Va bene, forse alla Sicilia potrebbe essere attribuita la paternita dell’étimo e magari è vero che la ricetta della parmigiana discende in realtà dalla modifica gastronomica della famosa Moussaka, importata nel ‘400 dagli arabi. Ma se è vero che scripta manent, allora possiamo dire che la prima codifica della ricetta della Parmigiana è 100% made in Napoli… 🙂

 


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