Carmelacromìa!

I colori di Osteria da Carmela posseggono un richiamo sacro(santo) ai colori della Madonna del Carmelo, detta Madonna Bruna, con un significato preciso:
Arancio solare aureole dorate e il fondo dell'icona = santità e sacralità
Pompeiano colore rosso della tunica sotto il manto = amore
Tufo scuro tunica color pelle di pecora del bambino e pelle della Madonna = agnello di Dio, fratellanza
Verdemare manto della Madonna = fertilità
Ogni colore è un’ispirazione, una storia, una tendenza e persino, scavando nella storia di Napoli, un’origine di un piatto e accompagnerà sempre le nostre (e le vostre) parole.
E con queste cromatiche premesse, ecco a voi...


Cosa resta della Traffica del Vino? Il nostro amore per l’abbinamento cibo vino con il Gragnano, soprattutto con i formaggi!

Cosa resta della Traffica del Vino? Il nostro amore per l'abbinamento cibo vino con il Gragnano, soprattutto con i formaggi!

Se avete avuto il piacere di leggere La Buona Tavola di Alberto Consiglio, vi ricorderete dell’incontro quasi clandestino che il giornalista enogastronomico organizzò con l’Oste Vincenzo Casilli dell’antichissima Osteria della Quercia insieme ad altri 3 ospiti (di cui uno era il duca Lucio Caracciolo d’Acquara), alla volta di Gragnano. L’Oste sapeva bene quale miglior vino scegliere per i suoi ospiti e se ne occupava personalmente in quella che è arrivata sino a noi come l’antica Traffica del vino di Gragnano.

Fino agli anni ’60, la Traffica del Vino avveniva proprio in questo periodo dell’anno, proprio sotto le celebrazioni di Sant’Antonio Abate ed era il metodo più sicuro e certo per accaparrarsi il vino migliore e appena prodotto lì, nella culla del Gragnano, in Penisola Sorrentina, tra i monti Lattari. Il povero Consiglio dopo aver atteso sotto la neve che l’Oste chiudesse le trattative sul rosso Gragnano, si ritrovò intirizzito e seduto alla bella tavola dei fattori che decisero di siglare l’affare concluso con un lauto pasto tra vermicelli aglio olio e peperoncino, tantissimi prodotti caseari e prosciutti, la minestra maritata e la degna conclusione: una zuppa di stocco talmente buona che “sembrava avessero rubato la ricetta ai marinai di Messina”.

Dunque in questo periodo osti e ristoratori salivano per la Traffica: il vino non aveva ancora completamente terminato il proprio affinamento, ma in quel momento nasceva il grande connubio del Gragnano non solo con le carni, ma anche con il baccalà e i formaggi. Il vino Gragnano è composto da 3 uveprincipali: il Piedirosso, lo Sciascinoso e l’Aglianico per il 60%, e poi da una una sequela indistricabile di varietà autoctone come Suppezza, Sabato, Castagnara, Tintore e altre, la cui catalogazione si presta a diverse interpretazioni locali. La struttura è quella di un vino frizzante e beverino come il Lambrusco, ma ha un profumo vinoso e campestre e le sua spuma cala subito una volta versato nel bicchiere. Ebbene questo vino vulcanico (non dimentichiamolo mai) è quello più vocato per accompagnare i formaggi giovani, non troppo stagionati della Penisola Sorrentina. Mario Soldati, che era un grande estimatore del Gragnano, consiglia:“nonostante il colore, non va bevuto a temperatura ambiente, ma freddo, e freddo di cantina, naturalmente, mai di frigorifero”, per quanto possibile.

Non dimentichiamoci che i viticoltori campani in questa zona andrebbero considerati eroici, data l’asperità dei vitigni posti in terrazzamenti a 500 mt d’altitudine: ancora prima che per il vino, gli artigiani della trasformazione del latte vivevano praticamente da sempre sui monti Lattari. Pascoli selvaggi, cibo di qualità e lentezza sono i tre elementi che hanno consentito a prodotti come il Provolone del Monaco DOP di arrivare sino a noi, quasi intatto, quasi come si faceva nel ‘700.

Un antico adagio veniva recitato per le vie di Napoli cioè in fondo il miglior mercato di sempre per gli abitanti della Penisola, ovvero:

Caso senz’uocchie, pane cu ll’uocchie e vino ca te caccia tutt’ ‘e dduje ll’uocchie

Il che è vero ma con riserva: non esiste meglio di pane e formaggio stagionato e un ottimo bicchiere di vino, magari rosso. Il formaggio con gli occhi potrebbe ad esempio essere il Provolone del Monaco DOP che, come afferma l’ONAF, ha una pasta dai “toni giallognoli, elastica, compatta, uniforme e senza sfaldature, morbida e con tipiche occhiature (a «occhio di pernice»)”. Questo formaggio, stagionato almeno sei mesi, ha bisogno di un vino una certa struttura: forse il vino Gragnano può reggere un provolone non troppo stagionato, ma con certezza possiamo affermare che da i 6 mesi in su di stagionatura può venirci in soccorso il nostro amato Taurasi DOCG.

Viceversa, anche i formaggi troppo poco stagionati possono risultare troppo leggeri nell’abbinamento con il brioso Gragnano: prendiamo ad esempio le caciottine di capra, che hanno una stagionatura velocissima che va dai 20 ai 40 giorni, con un sapore dolce e delicato. Difficilmente ci immaginiamo in bocca un passaggio “indolore” del Gragnano, forse del formaggio potrebbe non restarne che un dolce ricordo.

Ebbene, in medio stat virtus, vi consigliamo quindi di degustare questo splendido vino, con formaggi a media stagionatura e se volete anche con la Provola affumicata di Agerola.


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