Carmelacromìa!

I colori di Osteria da Carmela posseggono un richiamo sacro(santo) ai colori della Madonna del Carmelo, detta Madonna Bruna, con un significato preciso:
Arancio solare aureole dorate e il fondo dell'icona = santità e sacralità
Pompeiano colore rosso della tunica sotto il manto = amore
Tufo scuro tunica color pelle di pecora del bambino e pelle della Madonna = agnello di Dio, fratellanza
Verdemare manto della Madonna = fertilità
Ogni colore è un’ispirazione, una storia, una tendenza e persino, scavando nella storia di Napoli, un’origine di un piatto e accompagnerà sempre le nostre (e le vostre) parole.
E con queste cromatiche premesse, ecco a voi...


Il mestiere napoletano più bello: il venditore di acqua zuffregna

Il mestiere napoletano più bello: il venditore di acqua zuffregna

L’acquafrescaio, o acquajuolo è una vera e propria figura mitologica a Napoli e rappresenta uno di quei pochi “antichi mestieri napoletani” che ancora oggi sopravvivono.
Oltre due secoli fa, l’arte di arrangiarsi, che sembra far parte del DNA dei napoletani, suggerì un piccolo guadagno anche dalla vendita di acqua, grazie all’arte scenica dell’ambulante in grado di ‘propinare’ acqua dalle doti miracolose.

L’acquaiuolo vendeva la sua merce trainando un carretto e gridando a voce alta così che le casalinghe calassero il paniere con qualche moneta e un fiaschetto da riempire con l’acqua preferita. Gli acquafrescai “d’èlite” svolgevano la propria attività in chioschi, sparsi in diversi punti della città, effigiati dal classico ornamento fatto di limoni e foglie intrecciate.

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Dall’acquajuolo era possibile scegliere tra: acqua addìrosa, aromatizzata al profumo di vino; la mitica acqua appannata, corredata di pane sbriciolato e utilizzata per fare le polpette; l’acqua annevata, gelatissima perché raffreddata con blocchi di ghiaccio; acqua ‘e mare, venduta ai pescivendoli per tenere fresco il pescato del giorno e l’acqua chiuveticce, acqua piovana raccolta in secchi e usata per lavare.
Tra le acque miracolose, l’acqua‘e Serine era proveniente dalle sorgenti del Serino, acqua di Telese, dalle presunte doti benefiche ma non gradita a tutti a causa del classico odore di uovo marcio e infine l’acqua ferrata – acqua ferruginosa – ricca di sali, consigliata per gli anemici.

Ma più amata era sicuramente l’acqua sulfurea, acqua zuffregna, bevuta da tutti, senza distinzione di ceto, sesso ed età ‘che all’acqua sulfurea va il nobile ed il plebeo come una sacra festa’ (Cit. I venditori di acqua sulfurea, Emanuele Bidera, 1853). Tutta l’acqua proveniva dalla sorgente di via Chiatamone o da quella vicina alla chiesa di Santa Maria della Catena, per cui ci si recava volentieri a Santa Lucia per approvvigionarsi di questa miracolosa sostanza.
L’acqua suffragna veniva conservata in ‘mummare’ – anfore di terracotta – che la stabilizzavano termicamente e per questo motivo è passata alla storia come acqua “d’e mummarelle” un’acqua ritenuta capace di guarire ogni male.

I mestieri antichi napoletani sono considerati un vero patrimonio per la città, perché sono una rara testimonianza dell’affascinante cultura a cui apparteniamo. Purtroppo, nel tempo i mestieri antichi sono andati via via scomparendo: alcuni hanno subito delle trasformazioni e altri, invece, hanno implementato – attualizzandoli – la gamma dei prodotti. Ancora oggi è possibile scorgere queste antiche attività: magari con un po’ di attenzione chiunque può notare dei piccoli chioschetti in alcuni punti strategici di Napoli, adornati con limoni e foglie intrecciate, proprio come se il tempo si fosse fermato…


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