La ricetta dei Carciofi Affogati alla napoletana secondo Osteria da Carmela
A Napoli il Carciofo è rinomato in tantissime ricette, ricette che si perdono nella notte dei tempi. Il Carciofo, che dal cuore tenero si vestì da guerriero, ha una storia che risale addirittura agli antichi egizi.
È una pianta mediterranea tout court, e al contrario di quanto molti pensano, il carciofo è un bocciolo e non un frutto: se lasciato stare, infatti, diventa un fiore azzurro. Il nome è molto simile in diverse lingue: si va dall’arabo harsaf, passando per lo spagnolo alcachofa e il portoghese alcachofraper arrivare al nostro carciofo.
Un’altra piccola curiosità, sapete che il poeta latino Orazio si era ispirato la al nome del fiore del carciofo per decidere il soprannome di una sua giovane amante? Forse ciò si deve forse all’aspetto “polposo e saporito” della fanciulla, o anche al suo caratterino, viste le spine. Una terza opzione potrebbe collegarsi al fatto che i greci e i romani attribuivano alla pianta chiamata Cynara. Orazio non è il solo poeta innamorato di questo fortissimo e preziosissimo bocciolo, anche Pablo Neruda gli ha dedicato un’ode (che vi lasciamo in calce!).
Dove mangiare a Napoli i carciofi affogati, preparati secondo la tradizione napoletana? Passate a trovarci in Osteria da Carmela, ne resterete piacevolmente colpiti.
Se invece gradite assaggiare i carciofi affogati direttamente sulla vostra tavola allora non resta che seguire minuziosamente la nostra ricetta dei carciofi affogati alla napoletana. Una ricetta che seguiamo con attenzione da ben 50 anni, e che vi invitiamo a realizzare nelle vostre case. Vi lasciamo con una poesia dedicata al Carciofo e in calce trovate la nostra ricetta.
” Ode al carciofo “di Pablo Neruda”
Il Carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,
ispida edificò una piccola cupola,
si mantenne all’asciutto sotto le sue squame,
vicino al lui i vegetali impazziti si arricciarono,
divennero viticci,
infiorescenze commoventi rizomi;
sotterranea dormì la carota dai baffi rossi,
la vigna inaridì i suoi rami dai quali sale il vino,
la verza si mise a provar gonne,
l’origano a profumare il mondo,
e il dolce carciofo lì nell’orto vestito da guerriero,
brunito come bomba a mano,
orgoglioso,
e un bel giorno,
a ranghi serrati,
in grandi canestri di vimini,
marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno:
la milizia.
Nei filari mai fu così marziale come al mercato,
gli uomini in mezzo ai legumi coi bianchi spolverini erano i generali dei carciofi,
file compatte,
voci di comando e la detonazione di una cassetta che cade,
ma allora arriva Maria col suo paniere,
sceglie un carciofo,
non lo teme,
lo esamina,
l’osserva contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,
con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,
entrando in cucina,
lo tuffa nella pentola.
Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo,
poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta
del suo cuore verde.
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